ScientificaMENTE – L’EVOLUZIONE DELL’UOMO



Le prove attualmente disponibili, accumulate lentamente e gradualmente, indicano l’Africa centro-orientale come il luogo di origine degli OMINIDI dai quali, in seguito, derivarono tutti gli uomini che popolarono e popolano oggi la Terra.
L’uomo appartiene al gruppo dei PRIMATI, che fanno la loro comparsa sulla Terra circa 70 milioni di anni fa. I più antichi primati furono insettivori, molto più simili all’attuale toporagno che ad una scimmia, arboricoli e poco più grandi di un ratto. Circa 40 milioni di anni fa questo gruppo primitivo si era già frazionato in diversi rami, fra cui quello che avrebbe condotto alle scimmie antropomorfe e quello dal quale si sarebbero evoluti gli ominidi. Da questo momento inizia l’evoluzione separata dei progenitori delle scimmie antropomorfe e dei progenitori dell’uomo.
Le differenze fra i progenitori degli uomini e quelli delle scimmie erano già notevoli 40 milioni di anni fa, come dimostrano i fossili ritrovati, e riguardano la dentatura, il volume del cervello e l’apparato locomotore.
Per quanto riguarda la dentatura, si riscontrano assai precocemente differenze sia nella disposizione che nella forma dei denti.
Le differenze più evidenti nell'apparato locomotore riguardano, nel gruppo che evolse verso gli ominidi, l’adattamento della struttura del corpo alla marcia bipede:
  • ·        colonna vertebrale sinuosa,
  • ·        bacino largo e piatto,
  • ·        irrobustimento degli arti inferiori,

·        conformazione particolare del piede, che tende a perdere l’attitudine prensile a favore di un tallone più robusto atto a sostenere il peso del corpo.
Ancora più tardi si manifestò entro il gruppo degli ominidi, un graduale aumento di volume del cervello (da 600 cm cubici nelle scimmie antropomorfe a 1600 per l’uomo di Neanderthal).
Un fossile sul quale si accesero le discussioni degli scienziati fu il Proconsul africanus, primate antichissimo di cui furono trovati i resti in Kenia. Alcune sue caratteristiche (dentatura e forma del cranio) lo avvicinavano all’uomo, mentre altre (lunghezza delle braccia) lo accostavano alle scimmie.

Circa 15 milioni di anni fa comparvero nell’Africa centro-orientale i Ramapitechi.
Gli studiosi sono divisi: alcuni li considerano gli antenati diretti dell’uomo, altri invece li ritengono precursori delle scimmie antropomorfe asiatiche (orango). È interessante notare che, dai risultati degli studi di biologia molecolare, si oggi inclini a ritenere l’uomo più vicino allo scimpanzé e al gorilla che non all’orango.
Fossili che appartengono sicuramente alla linea evolutiva umana sono quelli degli Australopitechi, i cui resti più antichi sono stati ritrovati in Africa. Essi, comparsi sulla Terra circa 4 milioni a.f., avevano una capacità cranica inferiore a 500 cm cubici, ma una dentatura assai simile alla nostra.
Il fossile di Australopithecus africanus, rinvenuto nel 1924 in Tanzania e vissuto 1-2 milioni a.f. si ritiene che colmi la lacuna fra l’uomo e la scimmia.
Sicuramente più famoso è l’esemplare di Australopithecus afarensis denominato affettuosamente “Lucy”, scoperto in Etiopia nel 1974, e che rappresenta la più antica specie di ominide conosciuta dagli antropologi. Aveva stazione eretta, altezza di circa 1,20 m e cervello grande un terzo del nostro.
I primi rappresentanti del genere HOMO sono i Pitecantropi (il cui stesso nome racchiude la doppia etimologia di uomo – antropo – e di scimmia – piteco) che scheggiavano la pietra e avevano una maggiore capacità cranica.
Se ne conoscono due tipi:
·        HOMO HABILIS, più primitivo, che viveva in Africa circa 2,5 milioni a.f.
·        HOMO ERECTUS, assai più evoluto, che si diffuse in Asia e in Europa da 1,6 milioni a 400.000 anni fa.
Quest’ultimo aveva un cervello di oltre 1200 cm3, lavorava la selce in maniera più raffinata e conosceva il fuoco. Questa fondamentale conquista, proteggendolo dai rigori del clima, gli permise di diffondersi anche a latitudini più elevate in territori ostili. Un milione di anni fa l’Homo erectus uscì dall’Africa per colonizzare l’Asia e l’Europa.
Nel Pleistocene superiore comparve l’HOMO NEANDERTHALENSIS, considerato già una sottospecie dell’HOMO SAPIENS.
L’uomo di Neanderthal, presente in Europa già 70.000 a.f., possedeva una stazione perfettamente eretta, un cervello molto voluminoso (1600 cm3) ed era in grado di esprimersi con un linguaggio rudimentale.
Era capace di costruirsi strumenti di legno e pietra, praticava la caccia di gruppo, conosceva l’arte e seppelliva i morti.
Circa 35.000 a.f. egli scomparve bruscamente, e a questo punto comincia il regno dell’HOMO SAPIENS e poi dell’HOMO SAPIENS SAPIENS, nostro diretto antenato. Egli aveva un cervello ricco di circonvoluzioni, che gli permettevano di coordinare i movimenti, progettare e realizzare nuovi strumenti con cui abbattere animali molto più grossi e forti di lui. Sapeva inoltre adattare il suo comportamento alle varie situazioni, comunicare le sue esperienze ai compagni, esprimere le sue tendenze artistiche, come testimoniano le splendide pitture e incisioni rupestri ritrovate sulle pareti di molte caverne.
Circa 10.000 anni fa cominciò per l’uomo un nuovo tipo di civiltà, che lo condusse in brevissimo tempo a splendide conquiste: abbandonate le grotte, scoprì l’agricoltura e l’allevamento del bestiame, inventò la scrittura e la lavorazione dei metalli, intraprendendo quello straordinario cammino di evoluzione e di conoscenza che lo ha portato a mettere piede sulla Luna.

Per approfondimenti:


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